focus art. 288 cpCon sentenza n. 8 del 19 dicembre 2016 la Corte di Assise di Milano condanna i diversi imputati, rispettivamente, per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale, essendosi associati tra loro all’interno del sedicente Stato Islamico al fine di coordinare l’arrivo dei combattenti stranieri e di partecipare alle varie attività terroristiche all’interno della Siria, e per il reato di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale avendo organizzato viaggi verso la Siria per unirsi all’esercito della suddetta organizzazione terroristica.

Tutto inizia con le lezioni di Corano

Maria Giulia Sergio nel 2013 conosce Haik Bushra, una donna di origini siriane che si definisce insegnante. Dopo aver vissuto in Italia, nel 2012 Haik Bushra decide di trasferirsi in Arabia Saudita e, per sbarcare il lunario, impartisce lezioni online mettendosi in contatto simultaneamente con allievi in tutte le parti del mondo grazie a Skype.

La procedura di selezione per accedere ai gruppi di studio è molto rigida, è necessario infatti munirsi della raccomandazione di una allieva già conosciuta all’insegnate e ritenuta affidabile.

La precauzione è d’obbligo vista la materia di studio molto particolare: Haik Bushra fornisce lezioni sul Corano.

Per comprendere il senso del testo sacro islamico è necessaria una interpretazione, e la lettura fornita dall’insegnante siriana è in chiave fondamentalista.

Nelle frequenti lezioni, anche più volte alla settimana, la maestra, come ama farsi appellare, spiega che le azioni terroristiche sono in realtà metodi per esaltare la supremazia dello Stato Islamico e che l’unico modo per collaborare a questo obiettivo è abbandonare la terra dei miscredenti, gli occidentali, per realizzare la jihad.

Un’allieva particolarmente attenta agli insegnamenti della maestra siriana

Tra gli allievi del gruppo di studio, ce n’è una che si distingue maggiormente per l’interesse che dimostra alle spiegazioni. Si chiama Maria Giulia Sergio, origini campane e residenza nell’hinterland milanese.

In breve la ragazza si appassiona così tanto alla cultura islamica da sentire il bisogno di diffondere la sua passione anche alla sorella Marianna, alla quale è legatissima e che non esita a seguirne le orme.

Due sorelle al servizio del Califfato in viaggio verso la Terra Santa

Maria Giulia e Marianna abbracciano l’islam in modo radicale. Cambiano stile di vita, abbigliamento, idee. Soprattutto la prima è fortemente decisa a compiere il viaggio nei territori del Califfato – Siria o Yemen – suggeriti ai fedeli dai precetti dell’IS per ripetere l’esperienza di Maometto verso Medina. Per poter realizzare il suo scopo, Maria Giulia ha bisogno di un uomo che la sposi e la conduca verso uno dei due territori per compiere l’egira.

Maria Giulia e il matrimonio con un aspirante jihadista albanese

Attraverso alcuni conoscenti islamizzati come lei, Maria Giulia nell’aprile 2014 conosce Aldo, un ragazzo di nazionalità albanese che sta cercando una donna da prendere in moglie e condurre con sé nella jihad.

A spingere il ragazzo verso la radicalizzazione è sua madre, una donna albanese musulmana ostinatamente intenzionata a raggiungere i territori dell’IS, ed estremamente soddisfatta per aver visto il figlio sposarsi, dopo pochi giorni dalla conoscenza, con un’altra donna così innamorata della stessa convinzione.

Ad ognuno i suoi compiti: gli uomini sono militari e le donne tengono lezioni

Subito dopo le nozze, Maria Giulia raggiunge la Siria insieme a suo marito e a sua suocera, passando per Istanbul. Proprio in Turchia i due si mettono in contatto con una organizzazione para-terroristica il cui compito è smistare i foreign fighters provenienti da tutto il mondo e distribuire loro incarichi.

Ad Aldo, viene assegnato un compito di polizia. Deve cioè sorvegliare sulla corretta osservanza della sharia, punendo con la forza chi non si sottomette e nel frattempo segue l’addestramento per diventare un mujahed – un combattente dell’esercito dello Stato Islamico – a tutti gli effetti.

A Maria Giulia viene assegnato un compito di educazione perché, grazie alla preparazione della maestra, è in grado anch’essa di impartire lezioni sul Corano via Skype.

Come il marito, ella intanto si addestra ad utilizzare le armi nella speranza che il Califfo Al Baghdadi conceda anche alle donne il diritto di effettuare la jihad per poter morire da martire e raggiungere il primo livello del Paradiso.

I familiari vengono convinti a lasciare la Lombardia per raggiungere la Siria ed entrare nell’IS

Maria Giulia dalla Siria tiene i contatti con la sua famiglia che è rimasta in Lombardia. I parenti, che ella ha convinto ad abbracciare la fede islamica, vengono quotidianamente incitati a raggiungerla per effettuare il doveroso viaggio in Terra Santa.

Mentre sua sorella Marianna è determinata ed anzi, in Italia svolge un’assidua opera di indottrinamento e convincimento della ideologia fondamentalista islamica, i genitori sono ancora titubanti.

Maria Giulia è però così aggressiva ed insistente che alla fine dopo qualche mese cedono anche loro ed iniziano i preparativi per il viaggio. Innanzitutto sospendono le chiamate via Skype per paura che possano essere intercettate dalla polizia, sempre sulle tracce di terroristi.

Poi il padre si licenzia dalla fabbrica dove lavora e utilizza la liquidazione – insieme ai soldi raccolti dalla vendita dei mobili di casa – per acquistare valigie, ottenere il passaporto per sé e per la moglie, e tenere dei fondi per la permanenza in Siria.

Un viaggio che però non effettueranno mai.

Il processo a carico di tutti gli imputati

La Corte di Assise di Milano sottopone a processo gli imputati con rito ordinario. Tutti, tranne uno sottoposto a misura cautelare, sono rimasti latitanti. In dibattimento sono stati acquisiti i tabulati delle intercettazioni e i verbali delle sommarie informazioni rese innanzi al GIP e sono stati ascoltati i testi. All’esito dell’istruttoria tutti gli imputati sono stati dichiarati colpevoli.

Le richieste delle parti

Il Pubblico Ministero chiede la condanna degli imputati al massimo edittale della pena della reclusione, escluse le attenuanti generiche per tutti tranne uno. Le difese degli imputati chiedono l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato e in subordine il minimo della pena con i benefici di legge.

Una sentenza importante in materia

La Corte di Assise di Milano, riconosciuti i reati ascritti agli imputati, li condanna alla pena della reclusione, riconosciute le attenuanti generiche per uno solo di essi. Dichiara inoltre per due imputati l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale durante l’esecuzione della pena, per uno di essi l’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque. Dispone inoltre l’espulsione dal territorio dello Stato dei quattro cittadini albanesi al termine della esecuzione della pena.

Le condotte più emblematiche sottoposte a giudizio

La Corte di Assise preliminarmente assegna al cosiddetto Stato Islamico la natura di associazione con finalità di terrorismo, come già affermato dalla Cassazione (Cassazione penale, sez. I, 6 ottobre 2015, n. 47489), che si regge sul contributo di numerosi foreign fighters.

Individuate le condotte di tutti gli imputati, quelle più emblematiche a livello giurisprudenziale sono due.

Alla maestra Haik Bushra viene attribuita la condotta di supporto all’azione terroristica dello Stato Islamico, consistente nel proselitismo e nella diffusione di documenti di propaganda ai sensi dell’art. 270-bis CP.

È la prima volta che la giurisprudenza si occupa della organizzazione di viaggi per finalità di terrorismo

Al padre di Maria Giulia, Sergio Sergio, viene contestata la condotta di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo ex art. 270-quater.1, CP, consistente nella organizzazione anche di un solo viaggio

Peculiare è il fatto che per aversi contestazione della fattispecie, non è necessario che l’organizzatore sia arruolato nelle fila dell’IS e associato per compiere condotte con finalità di terrorismo.

La differenza con il reato di cui all’art. 288 c.p.

La sentenza in esame si occupa della condanna di una cosiddetta foreign fighter, la denominazione con cui vengono indicati i combattenti che si arruolano al servizio degli eserciti stranieri. La Cassazione aveva già stabilito che l’arruolamento di personale italiano abile alla prestazione del servizio militare per impieghi di scorta e mantenimento della sicurezza in aree di crisi è consentito se non si risolve in un inserimento negli eserciti stranieri, pena la violazione del precetto di cui all’art. 288 codice penale.

Al contrario, l’arruolamento dei foreign fighters avviene allo scopo di militare negli eserciti – anche quelli irregolari – di altri Stati e in particolare di quelli dove operano le milizie del sedicente Stato Islamico.

Non ci sono pronunce sull’art. 270 quater.1, c.p.

La pronuncia della Corte di Assise di Milano si presenta nel panorama giurisprudenziale con un’altra novità, essendo la prima condanna per il reato di cui all’art. 270-quater.1 del codice penale, che prevede la fattispecie di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo in merito alla quale, come spiega la Corte, non esistono pronunce da richiamare per ricostruirne l’ambito di applicazione.

Altri casi di cronaca che riguardano foreign fighters

Dopo il caso di Maria Giulia Sergio sono stati scoperti altri foreign fighter, arrestati e processati con l’accusa di terrorismo internazionale. Nel mese di aprile 2017 un cittadino marocchino di appena 21 anni proveniente da una comunità di accoglienza per minori è stato arrestato perché, una volta arrivato in Siria, effettuava reclutamento di connazionali per l’esercito dell’IS. Un altro cittadino marocchino in possesso del permesso di soggiorno in Italia per ricongiungimento familiare è stato arrestato prima di riuscire ad unirsi alle milizie dell’IS in Siria ed Iraq

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